“È che sti Spagnoli parlano sempre assai, ma non è che sono messi meglio di noi!” Ciccio è il Sindaco e nella maggior parte dei casi sono d’accordo con lui, soprattutto quando spara a zero su politici e fantocci tricolore. Eppure quella volta dissentii. E non solo per la passione viscerale che non riesco a contenere verso questo paese e la sua gente. No. Nemmeno perché da emigrata italiana a Barcellona sento un profondo senso di gratitudine nei confronti di una terra che mi rigenera ogni volta che ci torno a vivere. Ma perché ho respirato un poco, un briciolo, un millesimo di quella che mi sembra essere la netta differenza tra l’Italia e la Spagna: la civitas. Non sputo sul piatto dove ho mangiato, nuotato, rotolato e vissuto. Solo costato con grande amarezza che abbiamo un masso nel petto che si chiama rassegnazione e ci porta giù, nell’abisso dell’immobilità.
Trentasei anni di silenzi, trentanove di rincorsa: le fatidiche date della Guerra Civil
Che poi a me piace divagare, perdermi nelle associazioni logiche, trovare un senso al mio caos mentale. E così pensavo che 36 furono gli anni di silenzio sotto la censura franchista e 39 gli anni di rincorsa, fino a oggi, fino a quando le mie sinapsi questo pomeriggio, sotto effetto psichedelico del cuscino del mio salotto barcellonese, hanno partorito l’eureka: “Oh, ma… ’36-’39! Uao!” Ma non usciamo fuori tema, che poi la professorina, l’occhialuta delle mie personalità multiple, s’inalbera. Dunque, dicevamo dell’Italia e della Spagna. Non so se sia una condizione genetica, non so se dipenda da quel sassolone nello stivale che è il Suaeminenzalostatodelvaticano, fatto sta che io una manifestazione come il 15-M, con bambini, nonni, uomini e donne, non l’avevo mai vista. E fatto sta che quello che è successo ieri sulla Sexta sarebbe assolutamente impensabile per un qualunque programma, in un qualunque canale della televisione italiana, ché neanche Studio Aperto avrebbe osato tanto…
Operación Palace: quel che si dice il libero pensiero
Premetto che non è mia intenzione fare un panegirico [ho bisogno di 5 minuti di pausa per riprendermi dallo sforzo cognitivo dopo questa…] sulla terra della corrida, ma solo affermare con un senso di secchezza che forse noi, sì, siamo qualche passo indietro. Quel simpatico mattacchione di Jordi Évole, presentatore e umorista, ha annunciato qualche giorno fa che avrebbe mandato in onda nientepocodimenoché un documentario sul fallito Golpe del 23 febbraio dell’81 (passato alla storia come 23-F) su cui attualmente vige il segreto di stato. Ovviamente, neanche a dirlo, ha fatto 5 milioni di ascolti. Ma non tutti sono stati contenti di vedere il programma fino alla fine.
L’informazione 2.0: la viralità della non-verità
Su questo siamo molto simili, devo ammetterlo. Paraculi da un lato e portinaie dalle orecchie vigili (ma dalle zucche vuote), dall’altro. Dalla loro, gli Spagnoli hanno sicuramente un vantaggio che si chiama “libertà dei media” e consiste nella possibilità di mandare in onda un documentario fake alla Slining Doors che, mettendo insieme ex politici e giornalisti, rimonta, in maniera del tutto verosimile, il retroscena di quello che resta ancora una pagina buia e impenetrabile della storia della penisola iberica. E lo fa in prima serata, sbeffeggiando con qualche risatina sorniona l’intero pubblico spagnolo che se l’è bevuta completamente e si è goduto quel bel momento di dovuto sputtanamento, o chiamiamola “verità”, su l’operazione grottesca che, secondo quanto raccontato dal documentario, avrebbe salvato le sorti della democrazia. Peccato che fosse tutto frutto della mente perversa – e geniale – di Évole.
Se siano state tutte bugie o no, in realtà non si sa. Ma, come dice il mio amatissimo Marco Castoldi, se non ci fossero i funghi riusciresti ad immaginarli? E se non ci fossero le alghe riusciresti ad immaginarle? Io, no.
…è praticamente ovvio che esistano altre forme di vita…